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Triggers for sustainable reconstruction of Afghan villages – Public enclosures

ATA2022

La tesi si incentra sul tema della ricostruzione post-bellica in un’area sud-orientale dell’Afghanistan, caratterizzata da un tessuto insediativo informale. L’obiettivo è la ricerca di una strategia progettuale che sia capace di innescare cambiamenti a grande scala, attraverso interventi puntuali e graduali nel tempo. Tale strategia è articolata in maniera coerente ed efficace rispetto ad un contesto complesso e ricco di vincoli, legati a tematiche quali: instabilità del quadro proprietario, carenze infrastrutturali, assenza di luoghi destinati alla collettività così come di spazi per servizi, attività commerciali, artigianali e lavorative.


La macroarea di intervento è stata suddivisa in microcellule omogenee, in cui poter applicare la strategia di progetto con tempistiche differenziate. In effetti, si prevede una strategia di agopuntura urbana, per la quale in ciascuna cellula si individuano dei vuoti urbani, collocati in corrispondenza delle strade o in adiacenza ad esse, che vengono caratterizzati come dispositivi aggregativi pubblici e assumono la funzione di stimolare lo sviluppo della città, innescando meccanismi di ricostruzione bottom-up con conseguenti benefici a lungo termine. La tesi rappresenta quindi il progetto di un processo, che opera attraverso microinterventi sostenibili all’interno di questo particolare contesto e che tiene in grande considerazione il fattore tempo.


Nel progettare l’attacco a terra di questi nuovi spazi collettivi, l’imponenza dimensionale e l’attenzione per la geometria sono state reinterpretate a partire dall’architettura Moghul, parte integrante del patrimonio culturale afghano. Il disegno delle nuove stanze urbane vede inoltre la definizione di una pianta ricca, articolata con ambienti a pianta poligonale, attraverso l’utilizzo di materiali poveri, nello specifico macerie, pultruso e cartone ondulato, individuati per la possibilità di innescare fra di essi un sistema di economia circolare.
Il progetto della ricostruzione dei villaggi informali a partire da quelli che sono stati definiti “public enclosures”, cioè “recinti pubblici”, rappresenta un “trigger”, ovvero un “innesco”, sia sul piano formale e architettonico, sia su quello infrastrutturale. All’interno dei nuovi spazi pubblici sono infatti previsti appositi ambienti destinati ad ospitare microimpianti per la produzione di biogas connessi alle abitazioni private mediante tubature inglobate nei nuovi recinti. Tutto ciò consente di generare un meccanismo virtuoso con sforzi contenuti sia a livello economico che di cantiere e si configura come un sistema sostenibile e autosufficiente, che può ritenersi tale, tanto sotto l’aspetto tecnologico ed economico, quanto dal punto di vista architettonico, urbano e soprattutto sociale.



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Angela D'Alessio, Chiara Sanguin

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