Dopo il periodo a stretto contatto con il Covid-19 abbiamo cambiato abitudini raggiungendo una nuova consapevolezza rispetto ai nostri bisogni. Le persone hanno iniziato a valorizzare la stretta correlazione tra l’uomo e l’architettura vivendo gli spazi che ci circondano in maniera differente. È mai esistita un’architettura in grado di far coesistere la necessità di isolamento e quella di connessione? Se si, è possibile riutilizzare gli stessi principi inserendoli in un’architettura contemporanea? Mescolando paesaggio, architettura, emozioni e tecnologie ho provato a rispondere a queste domande.

I monasteri certosini e le piattaforme petrolifere sono entrambe architetture relazionate al bisogno di isolamento, e che allo contempo necessitano di una forte connessione con il contesto. Le funzioni dei primi e la struttura della seconda creano la combinazione perfetta per abitare l’orizzonte. Attivando così un riuso di mostri d’acciaio marini ottenendo isole dove rifugiarsi. La concentrazione maggiore di piattaforme off-shore d’Italia si trova al largo di Ravenna. La piattaforma Garibaldi A è al centro della rete più a Nord, collegata con la centrale Casalborsetti. ll progetto mira all’autosostentamento attraverso ragionamenti su capienze, numero di bestiame, tipologie vegetali, sistemi di produzione, trasformazione e conservazione. La variazione del nostro approccio anche agli spazi pubblici ha generato una riflessione, e conseguente inserimento, di spazi comuni come piazze, giardini e strade. Estendendo poi il concetto anche a balcone e connessioni digitali. Lo spazio e l’impianto usato per il pompaggio del petrolio diventa l’albero principale di distribuzione merci. Sette vani scale e ascensore permettono una facile spostamento tra i piani. Nella zona centrale del piano abitativo è presente un chiostro,nucleo della piattaforma, in modo che un luogo normalmente usato per la memoria attraverso un cimitero, divenga, invece, un luogo dove incontrare persone e socializzare.

Produrre, trasformare, conservare, abitare, spostarsi e distribuire. Queste funzioni, estrapolate da un monastero certosino tipo, compongono questa architettura e ne permettono il funzionamento in maniera efficiente. Le analisi sulla situazione post pandemica si riflettono in primis al piano dell’abitare, che contiene tre diversi moduli abitativi. Essi rappresentano una trasformazione dei principi che costituiscono una cella certosina. La composizione del modulo riprende spazi come il Cubiculum, il “Laboratorio” dove allenare mente e corpo, l’Ave Maria come collegamento astratto/virtuale e spirituale, l’orto per la coltivazione di essenze e il giardino d’inverno e d’estate, dove il monaco/abitante può giovare della natura in ogni condizione per trovare un equilibrio interno nel suo isolamento.

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